venerdì 20 settembre 2013

Sergio Ercolano, dieci anni dopo.

Il 20 settembre 2003 il Napoli è in serie B. La stagione calcistica è iniziata nella confusione generale: il “caso Catania”, riammesso alla serie cadetta dopo un ricorso al TAR, ha da qualche mese gettato nello scompiglio la Federazione e il Coni, che incapaci di sbrogliare la matassa identificano la soluzione nell’aumento del numero delle squadre, da venti a ventiquattro. È la quinta giornata. Dopo aver collezionato una sconfitta casalinga contro il Como e due pareggi (la prima gara, contro il Verona, era stata rinviata in attesa di una decisione della Federazione riguardante il caso di cui sopra) il Napoli è atteso dall’Avellino al Partenio. Il derby non si gioca da sedici anni, campionato 1987/88.
Prima della partita i tifosi partenopei entrano in contatto con le forze dell’ordine. Qualcuno tra loro lamenterà una cattiva gestione del settore ospiti da parte della società avellinese, altri accuseranno i napoletani di essersi presentati allo stadio in gran numero senza biglietto. Fatto sta che proprio a ridosso del settore la polizia carica i tifosi, dando origine a un fuggi fuggi generale. Per mettersi in salvo dagli scontri, Sergio Ercolano, ventenne tifoso del Napoli, forse spinto, salta da una delle tribune, atterrando su una pensilina in plexiglass che non regge l’impatto e crolla. Sergio precipita da un’altezza di circa dieci metri, e muore alcuni minuti dopo. L’arrivo dei soccorsi in notevole ritardo – testimonianze a processo parlano di trenta minuti – scatena una reazione violenta degli ultras napoletani, che scendono in campo come impazziti. Gli scontri con la polizia lasceranno decine di feriti e una lunga squalifica per il San Paolo
Sono passati dieci anni da quella notte. Il processo per la morte di Sergio Ercolano ha subito l’archiviazione. Dopo un anno e cinque mesi di indagini il gip Daniela Cortucci scagionò i tre rappresentanti del comune e della società calcistica irpina dall’accusa di omicidio colposo. Successivamente, un secondo procedimento civile non riconobbe alla famiglia Ercolano alcun risarcimento economico, dal momento che l’Avellino, pur responsabile della struttura, non lo sarebbe stato nel caso specifico, dal momento in cui il fatto si sarebbe “verificato in virtù di una condotta imprevedibile e inevitabile, quindi estranea alla sfera di controllo del custode”.

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